UN MINUTO DOPO
Elisabetta Antonini: voce
Alessandro Gwis: pianoforte ed elettronica
Gabriele Coen: clarinetti e sax soprano
Feat. Paul McCandless: oboe, corno inglese, sax soprano
Dodici Lune Koinè (2009)
Un Minuto Dopo è il primo disco “straordinariamente maturo” (Maria Pia De Vito) in cui Elisabetta Antonini decide di presentarsi non solo come cantante ed interprete, ma anche come arrangiatrice e compositrice.
Le musiche esplorano ed evocano ambientazioni cameristiche, dall’atmosfera a volte rarefatta e malinconica, a volte ironica e spensierata, ed echeggiano ritmiche popolari, tanghi, tradizione europea, musica colta ed antica, in una sorta di impressionismo sonoro.
Il progetto coinvolge, oltre alla compositrice-cantante, di provenienza più strettamente jazzistica, il pianista Alessandro Gwis e il clarinettista-sassofonista Gabriele Coen, due musicisti appartenenti a importanti realtà musicali come gli Aires Tango e i Kletzroym note al grande pubblico per la rivisitazione della musica popolare e la sua contaminazione con il formulario jazzistico.
La miscela alchemica dei tre elementi acustici si arricchisce del lirismo del grande oboista e sopranista degli Oregon Paul McCandless, prezioso ospite nel loro primo lavoro discografico omonimo edito per Dodicilune Records, presentato nelle note di copertina da Maria De Vito.
La voce canta melodie e composizioni originali della stessa Antonini, con parole per la maggior parte in italiano firmate dalla poetica penna di Marina Tiezzi, accanto ad alcuni brani di Enrico Rava, come Le Solite Cose o Certi Angoli Segreti, che grazie ai testi delicati e visionari diventano magnetiche canzoni. Nel piccolo ensemble non v’é strumento che prevale ma le parti si cercano e si inseguono in giochi ritmici e intrecci melodici, la parola oltrepassa la sua efficacia letteraria e si fa musica e la musica supera l’espressività delle parole, con un risultato ricco di suggestione.
Il progetto è stato presentato in prestigiosi festival e numerose rassegne italiane, consolidando una lunga e felice collaborazione del trio, e ha visto la partecipazione di ospiti straordinari del calibro di Paul McCandless e del rinomato trombettista Kenny Wheeler, special guest in occasione di una storica edizione del Festival di Villa Celimontana.
UN MINUTO DOPO
Live at Alexanderplatz feat. Giuseppe Tortora on cello
UN MINUTO DOPO
Album
Andrea Gaggero per Jazzitalia
Quello di Elisabetta Antonini è nome nuovo nel non ricco panorama del canto jazz nostrano. Siamo in presenza di una musicista e di una proposta musicale di grande valore e sicuro interesse. L’ augurio è che una musica raffinata e seducente quale è quella della Antonini, possa trovare uno spazio congruo. Talento, passione, studio, coerenza e rigore, sono elementi importanti che, però, sempre trovano adeguato riscontro: v’è che, fortuna vuole, si materializzano in “Un minuto dopo“.
E‘ Maria Pia De Vito (sua maestra e mentore) a presentarci, nelle note di copertina, con giusto orgoglio e grande equilibrio, la musica e le qualità di Elisabetta Antonini. Le caratteristiche peculiari della sua musica, in evidenza in diversi momenti, sono non scontate e pochissimo diffuse e mi sembra vadano ricercate soprattutto in un assiduo, profondo, quasi “cocciuto”, lavorio di “arrangiamento”, costruzione e levigatura dei brani, tutti caratterizzati da un equilibrio timbrico e dinamico raffinatissimo. Anche se il soprano di McCandless fornisce un contributo sostanzioso, è la scelta dell’insieme timbrico piano, clarinetto, sax soprano, voce a caratterizzare la musica. Altri tratti peculiari di “Un minuto dopo” si possono scorgere nello stretto rapporto tra scrittura e improvvisazione, nella integrazione profonda tra parti cantate e parti strumentali.
Diverse le scelte vincenti: un ambito timbrico-dinamico cameristico, “liederistico” si potrebbe quasi dire; di fatto un album in trio voce, pianoforte, soprano e/o clarinetto, anche se i musicisti sono quattro i due fiati non sono mai armonizzati. Vincente la scelta dei musicisti dalla sensibilità affine e tutti con una grande capacità di ascolto; così anche la scelta di cantare in italiano brani di propria composizione (quattro in tutto) o temi scritti da Enrico Rava cui è stato, da Marina Tiezzi (di fatto il quinto componente del gruppo), adattato un testo.
E Antonini-Tiezzi firmano “Cerco il mare“, forse il brano più riuscito e fresco del disco, giustamente posto in apertura d’album. Si trovano altri brani scritti dalla Antonimi, solo vocalizzati e pertanto senza un testo; brani che risultano essere forse un po’ più deboli, o di impatto meno originale degli altri.
Il più grande limite del disco – comunque interessante, maturo ed equilibrato – è proprio il timore di rischiare troppo proponendo solo brani autografi e la necessità di dimostrare le proprie doti di musicista-cantante ora con lo scat, ora confrontandosi con una tradizione un po’ consunta e riproponendo l’ennesima versione di “Alice in Wonderland“, godibilissima per il lavoro sulla timbrica nella parte finale ma “inutile“, da un punto di vista melodico e letterario se eseguita così.
Al primo ascolto del primo brano è tornato alla memoria il nome di Steve Lacy, il disco “Rushes” in trio con Rzewsky e la Aeby e il disco su testi di poeti italiani. Là testi di grandi poeti russi e italiani musicati da Lacy, qui la presenza di due autrici affini dotate di talento, sensibilità e gusto non comuni. Viene da chiedere: a quando una prova tutta a quattro mani?
A parte queste ultime annotazioni un disco ed una musicista da ascoltare ripetutamente.
Andrea Gaggero per Jazzitalia
http://www.jazzitalia.net/recensioni/unminutodopo.asp#.XJX8kbvsbIU
Andrea Romeo per L'Isola che non c'era
Un debutto discografico atteso, su cui Elisabetta Antonini ha lavorato a tutto tondo, curando anche gli arrangiamenti e seguendo passo passo la produzione; un debutto carico di aspettative, perchè le voci femminili che si cimentano nel jazz sono parecchie, decisamente agguerrite, ed il rischio di “perdersi” è davvero alto.
Una voce particolare, delicata ma incisiva, affilata e “ficcante” nel contempo, capace di scivolare colorando in maniera differente i singoli passaggi dei brani interpretati, dal timbro particolare, a tratti quasi “metallico”, scattante nel passare dai timbri più acuti ed aspri a quelli più caldi e pieni.
Le solite cose è brano che ben rappresenta questo eclettismo, in cui la vocalist si ritaglia anche, giustamente, qualche momento di virtuosismo, mai troppo “carico”, peraltro.
Ad affiancarla, in un gioco di parti sempre molto morbido e suggestivo, il pianoforte di Alessandro Gwis, già reduce da importanti esperienze, anche soliste, l’oboe delicato e affascinante di Paul McCandless ed i fiati misurati e leggeri di Gabriele Coen; Out of the rolling ocean, su testo di Walt Whitman, è un po’ la sintesi di questo affiatamento così spontaneo ed istintivo.
Molto abile a “giocare” con la propria voce, Elisabetta Antonini dimostra quanto sia importante variare continuamente i registri del proprio canto; di fatto non da, ne vuole dare, punti di riferimento, ma affronta ogni brano come fosse una vicenda a sè stante, lasciando aperte, soprattutto in prospettiva futura e dunque non solo con riferimento a quest’album, un’ampia serie di possibilità che riguardano l’evoluzione del proprio approccio all’interpretazione.
Peraltro lascia molto spazio ai compagni di avventura, non focalizzando unicamente sulla propria voce l’attenzione degli ascoltatori, senza per questo creare sterili “competizioni” solistiche; di fatto tutto l’album vive in un continuo equilibrio tra gli strumenti, includendo fra di essi la voce, spesso utilizzata, in Lungo la strada l’esempio più evidente, proprio in veste “strumentale”.
http://www.lisolachenoncera.it/rivista/recensioni/un-minuto-dopo/
Andrea Valiante
“un minuto dopo”
Il talento autentico di Elisabetta Antonini
Ancora una volta, attraverso la Label Koiné dedicata alle giovani voci del jazz italiano, l’etichetta Dodicilune presenta una produzione davvero artisticamente valida: “Un Minuto Dopo”, primo lavoro discografico a proprio nome per la talentuosa singer Elisabetta Antonini.
La sua è una voce pastosa, raffinata, ammaliante, con la quale riesce ad esprimersi con leggerezza e controllo dei timbri anche nei vocalizzi più flessuosi e nello scat. Oltre ad un naturale talento ed una spiccata predisposizione per il canto jazz, la sua tecnica sofisticata ed elegante prende forma a partire dagli studi persistenti con artisti di grande rilevanza quali Norma Winstone, Judy Niemack, John Clayton, Bob Stoloff, Roseanna Vitro, Roger Treece e Maria Pia De Vito (che ha curato con sensibilità e affetto le note di presentazione del disco). Durante questo vivido periodo Elisabetta Antonini ha anche avuto la fortuna di confrontarsi con il fervido ambiente musicale americano, quella che ancor oggi molti considerano“culla del jazz”, fonte inesauribile (ma non unica) di ispirazione per ogni artista che col jazz intenda cimentarsi.
Gli strumentisti che hanno partecipato alla registrazione sono tutti di sicuro spessore, non certo una novità nel panorama jazzistico italiano, quali Alessandro Gwis e Gabriele Coen, entrambi molto attenti nella definizione delle strutture melodiche con le proprie riconoscibili scelte stilistiche: il primo con le sue note saltellanti, tintinnanti, dinamiche, le sincopi improvvise accostate con squisito gusto estetico a melodie a volte latine, altre più dolci; il secondo per i lineamenti rarefatti, densi, squillanti ed emozionali provenienti dalla propria cultura yiddish.
Altra guest star è il polistrumentista Paul McCandless (membro del famoso quartetto degli Oregon) illustre ospite e pedina importante per definire le sfumature decisive con il suo oboe. A lui è affidato l’incipit del brano di apertura “Cerco Il Mare”, introducendo l’ascolto alla registrazione con un esecuzione intensa e avvolgente.
I torniti arrangiamenti costruiti dalla band leader si materializzano con coloriture molto personali, estetismi originali definiti con intelligenza per mantenere l’equilibrio e l’alchimia dell’interplay, terreno ove raramente si incrociano i fiati di Coen e McCandless, in maniera tale che i due possano esprimere il loro lirismo senza specifiche inibizioni di pentagramma. La vocalist riesce a risultare autentica anche nella rilettura di brani non originali, come nell’enigmatica interpretazione della canzone “Leo Rising” di Frank Foster o nei freschi arrangiamenti disegnati sulle quattro composizioni di Enrico Rava “Le Solite Cose”, “Tomo Y Recuerdo”, “Certi Angoli Segreti” e “Sola”. Molto originale anche la scelta di lavorare senza la ritmica della batteria, spesso sostituita magistralmente dal pianismo colto di Gwis.
In ogni canzone le scritture mantengono costantemente il pathos espresso nei testi di Marina Tiezzi definendo, a seconda del messaggio, movimenti di sentimento, di dinamismo, di allegria. L’apice di questa osmosi viene raggiunto nel brano “Out Of The Rolling Ocean”, rielaborazione musicale di una poesia di Walt Whitman, un momento di ascolto sospeso tra le parole senza tempo del poeta e scrittore statunitense ed un arrangiamento delicatissimo, sottile e arioso, dove si inseriscono davvero bene i morbidi movimenti di Coen.
Meritano a nostro avviso una specifica menzione il brano “Certi Angoli Segreti”, ove Gwis agisce (come denota la titolazione) nella ricerca di quelle “note nascoste” dietro l’arrangiamento riportandole alla luce con un dolce lirismo, e anche le duttili e solari armonizzazioni ne “La Ballata dell’Alfiere” tra la voce ed il tenue clarinetto basso, che colorano la performance con melodie di intensità lucente e rara.
Artisti così bravi, sia nelle esecuzioni decise che nelle composizioni fresche e culturalmente fini, meriterebbero certamente più spazio sui grandi palcoscenici jazz italiani. Spazi riservati per lo più, e purtroppo, ancora soltanto ad una stretta cerchia di nomi già noti.
Daniela Domenici per Italia Notizie
“Donne in Jazz 2009”: Elisabetta Antonini
Serata di grande alchimia musicale all’Auditorium Scuderie Aldobrandini di Frascati nell’ambito della rassegna “Donne in jazz 2009”: si è esibita Elisabetta Antonini accompagnata da due musicisti, Alessandro Gwin al pianoforte e Gabriele Coen sassofonista e clarinettista.
Elisabetta Antonini è una cantante e un’interprete molto particolare di jazz contemporaneo ed è anche leader di diverse formazioni musicali con cui partecipa a rassegne e festival in tutta Italia presentando un repertorio che va dalla song americana d’autore a brani originali e di jazz contemporaneo. Svolge attività didattica come insegnante di canto jazz, di improvvisazione ed è direttrice del coro jazz alla Saint Luis Music School e nei seminari di Nuoro Jazz diretti da Paolo Fresu. La Antonini ha una tecnica vocale distinta con un respiro cameristico. Nelle songs cantate si nota la ricercatezza delle assonanze sonore ed effetti ritmici sincopati nello scambio di vocalizzi con lo strumento a fiato di Gabriele Coen. Tra le particolari interpretazioni ascoltate durante il concerto riteniamo siano da mettere in particolare evidenza :
– Both Sides now di Joni Mitchell con particolare senso del respiro tra le note .
– Yatra-ta’ di Tania Maria, una difficilissima interpretazione con un gioco ironico saltellante delle note ritmiche.
– Love is stronger than pride di Sade, un brano pop molto conosciuto riproposto in una chiave intimista con rallentamento della partitura originale ed effetto quasi meditativo.
Un notevolissimo ”bravo” ad Alessandro Gwis al piano con degli arrangiamenti e un’interpretazione che denotano un background pianistico di impronta classica. Il suo pianismo contemporaneo si esprime con l’alternanza di note classiche ma rivestite di un abito elettronico che rende un effetto più penetrante.
Gabriele Coen è stato un interprete assoluto delle espressioni vocali di strumenti a fiato quali sax e clarinetto con fusione di espressioni etniche – jazzistiche.
http://www.italianotizie.it/2009/11/16/”donne-in-jazz-2009″-elisabetta-antonini/
David Giacanelli per l'Unità
Il jazz di certi «angoli segreti» Elisabetta Antonini, Gabriele Coen e Alessandro Gwis all’Alexanderplatz
SARÀ REGISTRATO a maggio il primo disco di Elisabetta Antonini, Gabriele Coen e Alessandro Gwis. Qualche indiscrezione sul titolo ma niente di certo, ancora, se non l’imperdibile occasione di ascoltarli in «Certi angoli segreti» domani alle 22 all’Alexander Platz di Roma. L’Antonini, accompagnata da Gabriele Coen al clarinetto e sax soprano e da Alessandro Gwis al pianoforte, studia vocalità jazz e approfondisce stile e linguaggio jazzistico dopo avere viaggiato negli Stati Uniti e in Italia confrontandosi con musicisti del calibro di Maria Pia De Vito, Mark Murphy, Cinzia Spata, Barry Harris, Norma Winstone, Roseanna Vitro, Judy Niemack, Roger Treece, Jay Clayton e Bob Stoloff. Con lei nel progetto ‘Certi angoli segreti’, che è il tema/titolo della performance di domenica sera, ritornano il suono intenso e penetrante di Gabriele Coen, già conosciuto per la continua rivisitazione e contaminazione della musica klezmer, che negli ultimi anni ha creato nuovi gruppi musicali percorrendo differenti interessanti strade, e il tocco energico e lirico del pianista Alessandro Gwis. Un nuovo gruppo dunque? Sì. E stabile anche, che per presentarsi al pubblico sceglie, per la sua prima volta, l’Alexander Platz esplorando e sviluppando un’idea della stessa Antonini: la dimensione segreta, il non detto, reale o immaginario, comunque forte e condizionante. Ad accomunare i percorsi artistici dei tre musicisti è senza alcun dubbio la passione per il jazz. «Certi angoli segreti – come spiega l’Antonini – prende ispirazione dal titolo di una composizione del famosissimo Enrico Rava che per la prima volta viene rivisitato musicalmente e vi si associano parole. Il risultato? Credo e spero un’atmosfera rarefatta e avvolgente. La particolarità della performance – prosegue l’Antonini – sta proprio nel tradurre in musica certi angoli segreti che ognuno di noi si porta dentro, con i quali convive. Mistero, inafferrabilità e mutevolezza del non detto tradotti dall’alchemica miscela del nostro trio». Tre artisti, dunque, tre differenti sensibilità, tre «diversi segreti». Una scelta non casuale ma ponderata, proprio nel rispetto dell’intimità e unicità di ogni segreto. «Certi Angoli Segreti» si costituisce, come progetto e performance romana, di composizioni firmate da Enrico Rava, Elisabetta Antonini e Gabriele Coen, dove la parola cantata conserva la propria efficacia letteraria e s’arricchisce di musica. Nella serata romana di domenica saranno inseriti inoltre pezzi di autori contemporanei, sempre rivisitati dal trio, come «Alice in Wonderland» e, con un pizzico di pop internazionale, «Love is Stronger than Pride».
Giulia Di Dato per SoundContest
Elisabetta Antonini scrive e arrangia ricercatamente testi e musica e si avvale di collaborazioni raffinate come Gabriele Coen, Paul McCandlesse Alessandro Gwis, che seguono le sue inclinazioni amalgamandosi morbidamente con accompagnamenti o improvvisazioni eleganti.
I fiati dominano in questo disco donandogli sonorita’ anni ’20, giocano con la voce continuamente rincorsi da un pianoforte scattante e ironico. A tratti appare eccessivamente ricercato nelle sempre inaspettate modulazioni e cadenze, volte del pensiero.
http://www.soundcontest.com/speciali/le-ninfee-della-dodicilune/
Laura Mancini per JazzItalia
Musicista completa – suona il piano, conosce l’armonia, conosce la tradizione del jazz, scrive i suoi brani, è insegnante ed arrangiatrice – Elisabetta Antonini presenta il 16 Novembre 2009 sul palco dell’AlexanderPlatz di Roma il suo primo lavoro discografico, “Un minuto dopo“, accompagnata e sostenuta da Alessandro Gwis e Gabriele Coen.
Le composizioni hanno una loro originalità che colpisce dal principio: “Cerco il mare“, “Lungo la strada“, “Un minuto dopo” sono brani che rispettano la tradizione jazz e ben si coniugano con gli standard rivisitati nel concerto proponendo insolitamente testi in lingua italiana. La voce della cantante mostra immediatamente uno stile interpretativo singolare: non ha grande potenza, ricorre allo scat e fa sfoggio a tratti di un vibrato intenso. Non convince pienamente ma perlomeno incuriosisce.
Il suono suadente del clarinetto, con i suoi bei virtuosismi e quello melodico e cristallino del piano apportano un contributo fondamentale, sono le loro “voci” a conquistare. Favoleggiante l’assolo di Gwis inframmezzato dai gorgheggi della Antonini; il pianista alterna momenti intensi ad altri leggeri e giocosi e catalizza l’attenzione del pubblico.
Interviene poi Paul McCandless suonando l’oboe inglese con una dolcezza infinita. Il dialogo tra i quattro è fluido e telepatico e le parti strumentali sono senza dubbio le più riuscite e coinvolgenti mentre i vocalizzi della cantante a lungo andare risultano prevedibili.
http://www.jazzitalia.net/IoCero/ElisabettaAntonini_Roma.asp#.XJYADrvsbIU
Note di Copertina di Maria Pia De Vito
“Quando, ormai qualche anno fa, sentii cantare Elisabetta per la prima volta, accompagnandola al piano su uno standard jazz, pensai che quella era un’allieva speciale: aveva già un bel di fraseggio, un suono coerente, una grande passione per gli standard del jazz… ma il suo obiettivo andava ben oltre se stessa e il suo successo. Aderì totalmente alla mia filosofia, alla cosa banale e brutale che dico da sempre ai miei allievi: per essere cantante di jazz, in pieno godimento delle tue prerogative, devi essere una musicista completa. Suonare il piano, conoscere l’armonia, conoscere la tradizione del jazz , essere consapevole della contemporaneità musicale in tutte le sue forme, scrivere i tuoi brani, o almeno rileggere ciò che interpreti. E, nel tempo, trovare la tua voce.
La sua modestia e la sua caparbietà hanno fatto di lei nel giro di pochi anni una insegnante capace, una cantante raffinata ed una compositrice ed arrangiatrice di talento, come potrete sentire in questo suo primo lavoro discografico, molto atteso da me e dai tanti colleghi che la conoscono e la stimano.
Un minuto dopo è un primo disco straordinariamente maturo, pieno di cura e di invenzioni compositive, esaltate dalla scelta di un organico drumless, e da due compagni di viaggio quanto mai adatti a questo compito :Alessandro Gwis, a suo agio su ritmiche complesse, latine e non, quanto su atmosfere spaziose, col suo tocco impeccabile e risonante, e le sue pennellate elettroniche discrete e stranianti; e Gabriele Coen, col suo clarino bruno e pastoso, a suo agio nel ruolo ritmico quanto in quello solistico, nell’improvvisazione melodica che in quella umoristico-rumoristica.
Infine, ospite d’onore, il meraviglioso Paul Mc Candless, il cui inconfondibile, siderale oboe apre il disco, con un intro lirica su “Cerco il mare”, prima notevole composizione di Elisabetta. Ma troverete poi”Lungo la strada”, “Un minuto dopo” (ascoltate che delizia il solo di Gwis, che interrompe il flusso ritmico, suggerendolo e richiamandolo a contrasto nelle ottave alte del piano, e l’ingresso rilassato e mellifluo di Coen…una gioia nella gioia.), brani che mostrano la sua destrezza melodico-ritmica, soluzioni armoniche mai scontate o prevedibili. E poi La Ballata dell’Alfiere, e Out of the rolling Ocean, splendida interpretazione in musica di una poesia di Walt Whitman, mostrano d’altro canto la sua conoscenza di quella scuola di jazz europeo che trova in Kenny Wheeler uno dei fari, col suo uso sapiente di melodia e contro-melodia, …e che lusso favoloso avere l’oboe di Mc Candless, a sostenere e colorare con la sua classe infinita le delicate campiture sonore descritte dalla voce.
Ma Elisabetta è capace anche arrangiamenti complessi ed originali. Chi accosterebbe l’originale Leo Rising di Frank Foster a questa rilettura fuori dalle cornici del fastbop? Il trattamento cui Elisabetta lo sottopone ne impreziosisce gli aspetti melodici, e ne esalta i fraseggi velocissimi donandogli un fondale spazioso, in cui i suoi magnifici compagni di viaggio, intessono una trama preziosa allo splendido assolo al soprano di Mc Candless. E infine la rilettura di quattro brani del nostro grande Enrico Rava, melodie a molti di noi care, e conosciute da tempo, che godono di una luce differente, nelle interpetazioni sentite di Elisabetta sui testi profondi e immaginifici della autrice Marina Tiezzi.
Una vocalità precisa, delicata e autorevole allo stesso tempo, che accarezza le note e le parole. L’intonazione impeccabile, il colore soffiato delizioso, che ritroviamo infine in Alice in wonderland, che chiude dolcemente questo disco denso con un omaggio agli standard del jazz che ben conosce ed ama.
“Un minuto dopo “ è il primo passo nella carriera artistica di Elisabetta, che prevedo – e le auguro – sia lunga e fruttuosa.
Ecco un primo ritratto di una artista in continua evoluzione e ricerca. Enjoy”
Neri Pollastri per All About Jazz
Primo disco per la cantante e compositrice Elisabetta Antonini, che sceglie una formula atipica, facendosi accompagnare da pianoforte e fiati, senza altro supporto ritmico. I musicisti in scena sono di altissimo livello e questo facilita il compito della leader: Alessandro Gwis interpreta con duttilità il ruolo centrale assegnato al pianoforte in un tal organico, rimanendo presso la voce per accompagnarla e incardinarla ai fiati, ma anche aprendo spazi rarefatti nei quali la Antonini può agire espressivamente; Gabriele Coen, ai clarinetti e al soprano, mette al servizio della cantante il suo ben noto lirismo e la sua espressività. C’è poi lo straordinario ospite speciale, Paul McCandless, che illumina il lavoro fin dalla prima nota, introducendo con il suo oboe il brano d’apertura, ma poi intervenendo in più parti al soprano e, soprattutto, ancora all’oboe.
Si aggiunge a questa cornice già preziosa la selezione dei brani: quattro della stessa Antonini, quattro tra i più noti e apprezzabili di Enrico Rava, uno di Coen e due tratti dalla tradizione degli standard. Una varietà che ruota attorno alla rilettura italiana del jazz, così da avere un buon equilibrio tra mainstream e radici culturali nostrane, rappresentate anche dai testi, in gran parte opera di Marina Tiezzi.
Nel quadro può così prendere ben posto la Antonini, che mostra chiaramente il suo riferimento a Maria Pia De Vito (che introduce il disco nel booklet), spesso prendendosi spazi per improvvisazioni su vocalizzi e gorgheggi, ma alternandovi con misura il canto, su stilemi diversificati. È tuttavia il modo in cui la voce della cantante interagisce con i suoni dei suoi accompagnatori ciò che maggiormente rende caratteristico questo lavoro, nel quale importante appare proprio l’ottimo interplay del trio. Tra i brani, si segnalano particolarmente l’iniziale “Cerco il mare,” l’elaborata “Leo Rising” e la suggestiva, astratta “Alice in the Wonderland”.
Un ottimo gruppo e un bell’esordio per una nuova voce del jazz italiano.